DIPENDENZA AFFETTIVA

DIPENDENZA DALLE RELAZIONI AFFETTIVE

Il problema della dipendenza affettiva è stato affrontato per la prima volta in ambito psicoanalitico: nel 1945 Otto Fenichel nel trattato di psicoanalisi delle nevrosi e psicosi, dove introduce il termine amore-dipendenti per indicare persone che necessitano dell’amore come altri necessitano del cibo o della droga.

A livello mediatico il problema esplode negli usa negli anni ottanta, quando la psicologa americana Robin Norwood pubblica il bestseller donne che amano troppo, Malgrado ciò e nonostante la discreta specificità di alcune sue manifestazioni comportamentali, questa condizione non trova ancora dignità nosografica nei vari sistemi diagnostici internazionali, tra cui anche il DSM.

Se è normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell’innamoramento, sia presente un certo grado di dipendenza, una sorta di desiderio di fusione con l’altro, questa tende fisiologicamente a scemare con lo stabilizzarsi della relazione affettiva.

Nella dipendenza affettiva patologica, invece, la pulsione fusionale perdura inalterata nel tempo, se non addirittura intensificata. a causa delle ansie abbandoniche, il dipendente si dedica completamente all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il suo benessere e non il proprio, come invece dovrebbe essere in una relazione ‘sana’. Il partner diviene così lo scopo primario dell’esistenza e la sua assenza, anche temporanea, dà al soggetto la sensazione di non avere significato, di ‘non esistere’.

La dimensione di dipendenza conduce spesso alla scelta di partner ‘problematici’, affetti a loro volta da instabilità dell’umore, dipendenze patologiche e disturbi del controllo degli impulsi: ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perché è l’altro ad aver bisogno di aiuto.

Si tratta, però, di un aiuto ‘malato’, nel quale non solo si diventa ‘codipendenti’, ma si rafforza la dipendenza dall’altro, in modo tale che questi possa essere e rimanere per sempre ‘nostro’: ma quasi sempre sono presenti: mancanza di rispetto, progetti di vita diversi se non opposti, bisogni e desideri non condivisi.

Questa è la fase in cui la persona non può più uscire da una relazione che egli stesso ammette essere senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. analogamente alle dipendenze da sostanze, anche in questa condizione sono presenti fenomeni di ‘ebbrezza’ (la relazione sentimentale dona una sensazione di euforia che diviene sempre più indispensabile per mantenere un ‘equilibrio’ interiore), di tolleranza (il soggetto ricerca dosi affettive sempre più grande, manifestazioni sempre più continue e concrete del suo amore, cerca di trascorrere sempre più tempo in sua compagnia), di astinenza (la sua assenza getta in uno stato di prostrazione). l’aumento della dose di ‘sostanza’ non di rado esclude la coppia dal resto del mondo, e, se la dipendenza è reciproca, la coppia finisce con l’alimentarsi di se stessa.

La consapevolezza dell’ingresso in un pericoloso circuito psicopatologico non è sempre completamente presente, o non lo è sempre nel tempo: ansia, sentimenti di colpa, elementi distimici cedono talvolta il passo a tensione interna, reattività, irritabilità, gelosia, possessività, spunti paranoidei che, invadendo il campo delle idee, possono innescare uno sconfinamento in un pensiero psicotico con rischio di reazioni aggressive anche di estrema gravità.

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